La prolungata fase di flessione della domanda mondiale di oro da parte della gioielleria rilevata dal World Gold Council (-2,7% in quantità nel 2014 e -7,2% nel 2015) è continuata – accentuandosi – nel primo trimestre 2016: -19,3% rispetto al corrispondente trimestre 2015. Una flessione da imputare – com’è noto – al diffuso rallentamento delle attività nel mondo. In particolare, delle economie emergenti. Quasi generalizzate, nei primi mesi dell’anno, le flessioni della domanda nei paesi di rilevazione del WGC, con un crollo attribuito all’India del -40% anno su anno. Flessioni, ancora elevate, anche per Cina+Hong Kong, Turchia, Russia, Emirati Arabi. Egitto, Arabia Saudita, Indonesia. Pochi i casi di aumenti (peraltro limitati) o di relativa stazionarietà: Stati Uniti, Giappone, Regno Unito, Italia.
Il peggioramento del ricordato contesto internazionale si è riflesso inevitabilmente sulle esportazioni orafe italiane (dati Istat). Nel primo bimestre 2016 – in termini nominali – sono diminuite del -1,2%. Ma in termini reali – al netto dell’inflazione delle materie prime preziose denominate in euro – la flessione si stima nell’ordine di grandezza del -4%. Questi sono i dati del periodo appena trascorso; ma le previsioni a medio-lungo termine (Confindustria – Prometeia) indicano nuovi successi soprattutto nel lontano oriente.
Gli aumenti dei prezzi dell’oro (e di altri metalli preziosi) denominati in euro hanno indotto i produttori di gioielli a ridurre ulteriormente l’impiego di metalli preziosi. Tant’è che il valor medio unitario delle vendite all’estero di gioielleria si è ridotto di quasi un quarto nel primo bimestre dell’anno.
Al vertice della graduatoria dei principali paesi di destinazioni si notano arretramenti rispetto a un anno prima: Svizzera -2,1%; Emirati Arabi -13,6% e Francia -23,4% (dopo l’exploit del 2015). Poco mosse le vendite a Cina+Hong Kong. Gli Stati Uniti invece continuano a recuperare il terreno perduto negli anni passati (+14,3%).
Dopo i ridimensionamenti del passato, in recupero la domanda interna per effetto di un miglioramento – sia pure limitato – delle risorse finanziarie delle famiglie. Un miglioramento che ha richiamato le importazioni: nel primo bimestre 2016: +10,7% anno su anno. L’aumento in quantità e soprattutto in valore ha generato una crescita del valor medio unitario delle importazioni (+6%).
(Franco Marchesini)