Al parziale recupero delle esportazioni di gioielleria nel mese di settembre 2016 è seguito un nuovo calo nel successivo mese di ottobre: -13,2% (raffronti anno su anno). Peraltro, secondo le stime di ASI, il successivo mese di novembre avrebbe segnato un nuovo – seppur limitato – recupero.
Di conseguenza, le vendite all’estero nel complesso dei primi dieci mesi 2016 hanno manifestato un ulteriore ridimensionamento (in termini nominali) del -7% rispetto a un anno prima (dati Istat). Un calo che però ingloba una parte dell’inflazione delle materie prime preziose denominate in euro. In termini reali – al netto quindi dei rialzi dei prezzi impliciti – si stima una flessione dell’ordine di grandezza del -8,5%.
Peraltro, la produzione italiana continua a puntare – com’è noto – sul talento dei maestri artigiani e sulla qualità in senso lato (design, estetica, fantasia, varietà dei modelli, cura delle rifiniture) anche se negli ultimi tempi il valor medio unitario dei gioielli si è ridotto. Una riduzione tesa a recuperare i consumi finali contenendo i prezzi di vendita mediante un calo di quote di componenti preziosi. Nei primi dieci mesi 2016 il v.m.u. delle vendite all’estero si è ridotto del -20,5% (anno su anno).
Il ricordato calo delle esportazioni è da imputare per il grosso – ai deludenti contesti economici dei principali paesi clienti. Così, anche per effetto del prolungato ridimensionamento delle quotazioni del petrolio, sono segnalate consistenti e generalizzate flessioni delle spedizioni di gioielleria (e non solo) ai Paesi dell’Opec, ai cosiddetti Paesi di “transito” e ad alcuni europei: Svizzera -8,5%; Emirati Arabi -17,9%; Hong Kong+Cina -15,6%; Francia -11%; Turchia -5,1%; Germania -1,3%; Spagna -2,3%. Per contro, continuano a recuperare le vendite negli Stati Uniti +9,8%; nel Regno Unito +3,4%; in Giordania +8,6%; in Israele +19,4%; in Sud Africa +26%.
Quanto alle importazioni, dopo i consistenti aumenti del triennio 2013-2015, nei primi dieci mesi 2016 si è assistito a un ridimensionamento del -2,5%. Ma la quota import/export si è ulteriormente rafforzata al 42,4% (era al 16,8% nel 2000).
Sul mercato interno (dov’è collocato un terzo della produzione) continuano ad operare i freni della domanda (riduzione della disponibilità finanziaria media delle famiglie, invecchiamento della popolazione, costi unitari elevati dei gioielli), nonché i cambiamenti – non solo in Italia – dei paradigmi dei consumi.
(Franco Marchesini)
Foto: dettaglio lavorazione Bulgari